La Polizia di Stato di Trapani, su delega della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, ha dato esecuzione a un provvedimento cautelare restrittivo, emesso dal giudice per le indagini preliminari, nei confronti di 10 persone, tutte residenti tra Alcamo e Calatafimi Segesta, gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, nonché traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi.
Tra gli arrestati, come potete leggere più nel dettaglio oggi sul sito del Giornale di Sicilia che riporta i nomi degli arrestati, figurano anche l’ex senatore Nino Papania e Pasquale Perricone, ex vicesindaco di Alcamo. L’operazione è denominata “Irene”.

Gli inquirenti: «Papania pagò 3 mila euro per far votare un suo candidato»

Nino Papania, ex senatore del Pd e fondatore del movimento politico Via, si trova a dovere rispondere di un’accusa pesante: scambio elettorale politico-mafioso. Arrestato anche l’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, che la Procura indica come l’intermediario fra Papania e il clan. L’ordinanza di custodia cautelare firmata dal presidente dell’ufficio Gip Alfredo Montalto porta in carcere pure otto persone indicate come appartenenti al clan mafioso di Alcamo. Il reggente viene indicato in Francesco Coppola. Dei rapporti con l’intermediario di Papania si sarebbe occupato invece Giosuè Di Gregorio, pure lui ritenuto un componente del clan, uno dei principali collaboratori di Coppola.

Il provvedimento cautelare, come riporta il comunicato diffuso questa mattina dalle Questure di Palermo e di Trapani con la Direzione generale Anticrimine, compendia gli esiti dell’inchiesta avviata nel maggio del 2021 dalla Squadra mobile di Trapani e condotta unitamente a personale della Squadra mobile di Palermo, della locale SISCO e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato. L’indagine avrebbe consentito di documentare gli assetti e il rinnovato dinamismo criminale delle “famiglie” mafiose di Alcamo e Calatafimi, in seguito all’arresto dei numerosi esponenti storicamente al vertice delle stesse.
In particolare, nel tentativo di colmare il vuoto progressivamente creatosi, la famiglia mafiosa alcamese, secondo gli inquirenti, avrebbe individuato il nuovo vertice in un pregiudicato locale, che avrebbe esercitato la reggenza valendosi di numerosi sodali. L’indagine avrebbe consentito di attribuire analogo ruolo di reggente ad un altro pregiudicato di Calatafimi, ritenuto a capo di quella famiglia mafiosa.
In tale ambito, le investigazioni hanno consentito di ricostruire una serie di condotte di natura estorsiva, alcune consumate altre solo tentate, in danno di imprenditori locali – tra i quali un imprenditore di Castellammare, con interessi nel settore della distribuzione alimentare e del mercato immobiliare, e due imprenditori alcamesi attivi nel settore dell’edilizia, del movimento terra e della commercializzazione di autovetture – consistite, secondo le risultanze investigative, nel paventare condotte ritorsive qualora le vittime non avessero versato, nelle mani di un uomo di fiducia del capo famiglia alcamese, la somma di 50 mila euro.
Ulteriori condotte estorsive sarebbero state consumate nel territorio alcamese nei confronti del titolare di un maneggio, costretto ad abbandonare l’azienda in seguito a contrasti insorti con un soggetto vicino al sodalizio. La minaccia di condotte ritorsive avrebbe poi costretto un buttafuori trapanese ad abbandonare il proprio impiego in un esercizio commerciale di Trapani in favore del figlio di un noto pregiudicato del posto, destinatario del provvedimento cautelare.

L’inchiesta ha inoltre documentato l’esistenza di un connubio affaristico-mafioso in grado di condizionare, anche dietro corrispettivo in denaro, il libero esercizio del consenso elettorale, facendo emergere la capacità dell’organizzazione di indirizzare il voto locale in favore di un candidato alcamese, coordinatore provinciale del movimento politico Via, cristallizzando chiari indizi di colpevolezza nei confronti dell’ex senatore Papania, ispiratore del suddetto movimento e promotore di una richiesta di voti alla famiglia mafiosa, dietro un compenso in denaro pari a circa 3 mila euro, in occasione delle elezioni regionali siciliane del settembre 2022.

Nel quadro investigativo, si fa riferimento anche ad armi e droga fornite da individui originari dell’Albania. L’inchiesta avrebbe restituito utili elementi di riscontro in ordine all’attività di spaccio, condotta dal sodalizio anche grazie all’apporto di fornitori albanesi, e alla detenzione di armi, occultate dagli indagati e nella disponibilità del gruppo, evidenziando così la trasversalità e la caratura criminale dei sodali. Al riguardo, nel corso delle indagini uno degli appartenenti al sodalizio è stato arrestato per detenzione ai fini di spaccio di oltre 9 chili di marijuana. In quella occasione, nel corso della perquisizione, sono stati inoltre rinvenuti 2 fucili a canne mozzate calibro 12, con relativo munizionamento, entrambi provento di furto.

Contestualmente al provvedimento cautelare sono stati eseguiti 8 decreti di perquisizione personale e domiciliare, emessi nei confronti di altrettanti soggetti, indagati a vario titolo per traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi.
L’odierno provvedimento restrittivo, come tiene a precisare la Polizia, si basa sui gravi indizi di colpevolezza e su un quadro indiziario emerso nel corso delle attuali indagini, pertanto spetterà alla magistratura verificare le piene responsabilità penali al riguardo, nel corso delle successive fasi processuali.

Di Massimo Provenza

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