Spentosi questa mattina dopo una lunga malattia, Salvatore Schillaci (nella foto, tratta dal sito del Giornale di Sicilia), campione degli anni d’oro del calcio italiano, lascia ricordi indelebili soprattutto nelle menti di bambini e ragazzi di quel 1990, che oggi sono ultraquarantenni, cinquantenni, sessantenni.
Schillaci, con quei gol nelle “notti magiche” del “suo” Mondiale, irruppe nella storia non soltanto calcistica, come “un falco”, per utilizzare il termine con cui Bruno Pizzul commentò l’1 a 0 all’Eire. Società, costume e sport si mescolano nel racconto della vicenda umana di questo ragazzo siciliano, che fece gioire anche tantissimi cittadini alcamesi in quel giugno di trentaquattro anni fa. Quando, di giorno, mentre si preparavano i festeggiamenti per la Madonna dei Miracoli, agli angoli delle strade si vendevano le bandiere tricolori con il logo della Figc e i simboli di quel torneo. Quando, finita ogni partita, irrefrenabili partivano i caroselli di auto che, con i clacson impazziti, accendevano le notti di un’intera nazione e facevano dimenticare tutti i problemi della città e del mondo. Chi vi scrive queste parole, ha ancora vividi nella mente quei frangenti e conserva, ancora, riposte in un angolo buio, le bandiere di stoffa impolverate di quel periodo.
Non si tratta soltanto di ricordare un calciatore. Si riaffaccia, oggi, la nostalgica memoria di un contesto che fa parte del passato e che, forse, ci fa accorgere meglio dell’ineluttabile trascorrere del tempo. Un tempo che, talvolta, viene annullato se rivediamo e riascoltiamo quelle partite, quelle telecronache, ben conservate a colori, e ci immergiamo nuovamente in quelle “notti magiche”. Per poi domandarci se il tempo, allora, sia soltanto un’illusione, una convenzione o la dimensione in cui realizzare i nostri sogni di bambini che diventano adulti, di persone che nascono e che muoiono, ma la cui essenza rimane per sempre.