– ALCAMO, martedì 29 APRILE 2025 – Un comunicato di qualsiasi autorità istituzionale, quando l’irreparabile è ormai un dato concreto, potrebbe non bastare seppur esprima condanna verso i misfatti. E certamente non bastano, in qualsiasi circostanza, le tardive manifestazioni di buone intenzioni, quando il peggio si è già realizzato e occorreva impegnarsi, molto prima, per prevenirlo. Le recenti notizie con i servizi video che documentano ciò che è avvenuto all’interno della Pia Opera Pastore, già vandalizzata da mesi e, stavolta, violata in modo brutalmente netto nella sua dimensione sacra (nell’immagine qui in alto, possiamo osservare una parte dei danneggiamenti), testimoniano la gravità di una deriva sociale, comportamentale e culturale che, evidentemente, si nutre della complicità di una consistente fetta di popolazione.
“Nel corso di conferenze e aperture di luoghi al pubblico – ha ricordato nella precedente intervista qui su AlcaMondoBlog lo storico e docente Francesco Melia, trovatosi oggi a dovere raccogliere e tentare di ricomporre i frammenti delle opere d’arte distrutte nella cappella dell’ottocentesco edificio -, ho sempre cercato di valorizzare figure di grandi benefattori, committenti, filantropi come il barone Felice Pastore, grazie al quale esiste questo bene architettonico e artistico. Ed è molto triste, adesso – ha proseguito Melia – dovere sottoporre a restauro delle opere che, fino a questa serie di gesti folli, erano ancora in buone condizioni. Difficile è quantificare l’entità dei danni. Quello che è accaduto è un fallimento della società in cui viviamo. Sono deluso e rattristato. La Pia Opera Pastore è al centro della città, a pochi passi dalla caserma dei Carabinieri. Tutto il nostro patrimonio artistico è a rischio costante”, ha concluso.
E gli alcamesi, intanto, che cosa aggiungono a queste parole? Su Facebook qualche decina di reazioni social, una manciata di commentini, alcune condivisioni degli articoli pubblicati al riguardo. Una notizia così grave, occorre evidenziarlo quando sono trascorse ormai parecchie ore dal suo lancio, è considerata dalla maggioranza del pubblico come se fosse la cronaca di un fatto normale, di un’attualità ormai risaputa, costante, prevedibile, inesorabile. Ed è già questa “normalità” l’indice di una malattia che divora la società in cui viviamo, annullando ogni capacità critica, di indignarsi e di capire, anche se “capire” non equivale a “giustificare”.
Che ad Alcamo, nel 2025, non sia parecchio diffuso l’amore verso i beni artistici, culturali e storici è tutto da verificare. Ma appare chiaro che, in una città dove, ancora, è tutt’altro che esigua la partecipazione ai riti con cui si esprime la religiosità cristiana, diventa lecito domandarsi come si possa spiegare questa diffusa freddezza verso l’orrore dei fatti della Pia Opera Pastore. Siamo di fronte ad un silenzio… misericordioso o, al contrario, di rinuncia alle proprie responsabilità civiche? Un silenzio di resa, di paura? Oppure un silenzio di apatia, di totale strafottenza?
Il problema, comunque, non deve essere interpretato soltanto sul piano religioso. Si rischia, in tal caso, di scadere su un piano di discorso divisivo e fomentatore di pregiudizi, spesso, inutili se non pericolosi, così come di sospetti la cui fondatezza è da verificare. In ogni caso, il ripetersi e l’aggravarsi di questi, come di altri fatti accaduti che, ancora, non avevano raggiunto tale livello allarmante, ci deve fare riflettere. Pertanto, se anche qui ad Alcamo tolleriamo che chiunque si arroghi il diritto, di punto in bianco, di fare irruzione indisturbato persino in un luogo di culto per distruggerlo, annullando secoli di storia, di riconosciuta bellezza artistica e, soprattutto, commettendo sacrilegi fino a tal punto, dovremmo allora cominciare a farci qualche domanda per individuare la strada su cui siamo incamminati.
Così come potremmo considerare, purtroppo, che molta della rassegnazione sociale è la conseguenza di una diffusa delusione verso un sistema di applicazione della giustizia che, in molti casi, sembrerebbe non rispondere a legittime aspettative di sicurezza pubblica e di rigore per garantirla in modi più incisivi.
Alcamo, dove la mentalità violenta si nutre dell’indolenza collettiva. La scarsa indignazione di fronte ai gravissimi fatti della Pia Opera Pastore certifica il fallimento sociale
